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Preghiera con l’Imam all’università di Torino, arriva tirata d’orecchie dal Ministero

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Nella Torino delle manifestazioni quotidiane e degli atenei occupati da oltre dieci giorni dall’«intifada studentesca» dei Pro Palestina, esplode il caso per la presenza dell’Imam Brahim Baya a Palazzo Nuovo, una delle sedi occupate dell’Università di Torino.

Venerdì scorso, l‘Imam Brahim Baya ha tenuto un momento di preghiera nell’androne di Palazzo Nuovo, occupato dai collettivi Pro Palestina da undici giorni. All’evento hanno partecipato una trentina di manifestanti e fedeli, molti dei quali di origine straniera. Il video del sermone, intitolato “Cosa ci insegna la Palestina”, è stato pubblicato integralmente su internet e ha scatenato polemiche, con alcuni professori che hanno denunciato l’intervento come un «inno alla Jihad».

La ministra dell’Università, Anna Maria Bernini, è intervenuta sul caso, telefonando al rettore Stefano Geuna. Quest’ultimo ha ribadito «fermamente il carattere di laicità dell’istituzione universitaria» e si è unito alla ministra nel «sentimento di piena condanna sull’accaduto». La presenza dell’Imam e il contenuto del suo discorso hanno sollevato un dibattito sull’appropriatezza di tali eventi in un contesto accademico.

Durante il suo intervento, l’Imam Brahim Baya, responsabile della moschea Taiba di Via Chivasso e promotore di Torino per Gaza, ha parlato della Palestina come «Terra Benedetta». Ha criticato duramente quello che ha definito il «colonialismo sionista», paragonandolo alle crociate e descrivendolo come «il più becero e criminale che possa esistere».

L’Imam ha elogiato la resistenza del popolo palestinese, definendo la loro lotta come una forma di Jihad nel senso più alto del termine, ossia uno sforzo per difendere i propri diritti e la pace. Ha parlato di un «jihad compiuto da donne, uomini, bambini» contro l’occupazione sionista, evocando ricordi della Nakba, l’esodo palestinese del 1948.

Critiche e tensioni dopo la preghiera

Le parole dell’Imam hanno suscitato reazioni contrastanti. Osvaldo Napoli, della segreteria nazionale di Azione, ha criticato duramente l’evento: «L’imam in preghiera all’Università di Torino è un altro triste capitolo della “cancel culture” e di quel sentimento di “cupio dissolvi” in cui trovano rifugio una parte delle nuove generazioni».

La città di Torino sta vivendo un periodo di tensioni e manifestazioni legate al conflitto israelo-palestinese. Gli atenei occupati e gli eventi come quello di venerdì scorso riflettono un clima di protesta e di richiesta di solidarietà per la causa palestinese. Tuttavia, l’episodio dell’Imam Brahim Baya ha sollevato questioni importanti sulla laicità delle istituzioni accademiche e sul limite tra libertà di espressione e incitamento.

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