
Ho fatto un sogno. Mi sono svegliato il 10 mattina con Mentana, ancora in piedi dalla maratona elettorale, nella classica cravatta verde, che dava Vannacci proiettato verso un milione di preferenze personali. Solo Berlusconi era arrivato a quelle vette, ed il Generale ora tentava di emularlo. Eppure un sogno del genere in Italia è possibile, altro che American Dream, la vera mecca dei sogni è l’Italia, se no non avremmo la fila di vecchietti ai tabacchini che si giocano la pensione al lotto o al gratta e vinci.
Il Generale che fa sognare
Chiunque pensa di sbancare in Italia, di raggiungere con il famoso Stellone italico la cima da conquistare, che non è quella di grappa Bocchino, anche se a qualcuno piacerebbe pure. L’italiano, soprattutto sotto elezioni, non ragiona più, e si affida a chi di turno gli garantisce qualcosa, anche di irrealizzabile, fosse pure il Ponte sullo Stretto o i preti casti e non gay. Il Generale fa sognare, dietro la collina del voto, a praterie di italiani che vogliono l’uomo forte al posto giusto, che faccia sì che questa terra sia promessa agli etero che credono nei valori tradizionali, che il Burundi non ci invada, e che l’Islam abbia una nuova Lepanto.
Certo se il Papa indicesse una quarta Crociata sarebbe tutto più canonico: i nuovi templari, sperando che non bacino il baffometto, potranno gridare Dio lo vuole, lanciandosi contro i Gay Pride. Se si leggono bene le tesi di Vannacci sono molto ortodosse, nel senso della Chiesa ortodossa, quella di Kirill, il patriarca di Mosca. L’ultima sede di lavoro del generale fu proprio in quella città, prima della inutile scrivania all’Istituto geografico militare, chissà. Intanto Vannacci salta le transenne buttandosi verso il suo popolo, come ha fatto sotto la Madonnina a Milano, come un nuovo Cid Campeador contro i Mori. Il populismo magari non cresce ma si rigenera, è il popolarismo che stenta a riprendersi da anni.
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