
Il 31 di Marzo del 2009, al termine della riunione della Commissione Grandi Rischi a l’Aquila, il Vicepresidente della Protezione Civile Bernardino De Bernardinis rilasciò un’intervista al Tg Regionale della Rai. I cittadini erano preoccupati perché la terra continuava a tremare, il responsabile della Protezione Civile Bertolaso era impegnato con il G8 a La Maddalena e la parola d’ordine era: tranquillizzare la popolazione. E fu esattamente ciò che fece De Bernardinis, un uomo perbene che in seguito, per gli errori commessi nella gestione di quei giorni, è stato condannato a due anni di reclusione. Al termine di quell’intervista rassicurante, il giornalista concluse, accompagnato dal sorriso di De Bernardinis, con un eloquente: “Tranquilli e beviamoci un buon bicchiere di Montepulciano“. Eppure i giudici del processo di Primo Grado e poi quelli del Tribunale d’Appello dell’Aquila, nell’emettere una sentenza che non sappiamo come definire se non surreale (per non dire di peggio), hanno deciso di affibbiare a 7 ragazzi deceduti sotto le macerie per il terremoto del 9 Aprile 2009 la responsabilità per la loro stessa morte. E nel farlo hanno sostenuto la tesi che non ci fosse prova che gli studenti avessero agito “indotti da rassicurazioni delle autorità“. Invece i ragazzi erano rimasti lì perché qualcuno aveva preso la decisione di non chiudere l’Università. E su questo non possono esserci dubbi.

Quelle rassicurazioni ci sono state. Lo sanno tutti e ci sono registrazioni video e audio che lo dimostrano. E ancora articoli di giornale, o il fatto stesso che il Rettore dell’Ateneo, in cui i sette ragazzi studiavano come alunni fuori sede, avesse deciso di tenere aperta l’Università anziché suggerire a quei poveri giovani di tornare a casa loro e di mettersi al sicuro. Eppure la Corte li ha ritenuti “colpevoli” di “comportamento incauto”, ha negato il risarcimento alle famiglie e ha persino stabilito che debbano pagare le spese processuali. Come si fa a non sentirsi offesi, umiliati, inorriditi per quello che è stato deciso nel Tribunale dell’Aquila? Al posto di quei genitori devastati per la perdita di un figlio potrebbe esserci ciascuno di noi. Come si fa a tacere e a lasciarli soli? Jolanda Bufalini, sul sito Strisciarossa.it, ha scritto che quella dei giudici della Corte d’Appello di L’Aquila “è una verità giudiziaria che non si può accettare, semplicemente perché è falsa, perché è uno scandalo e una vergogna“. “Quei ragazzi”, prosegue l’articolo, “erano a l’Aquila perché dovevano studiare e dare esami prima delle vacanze pasquali. Il Rettore, pur sollecitato, aveva deciso di tenere aperto l’Ateneo perché non si doveva creare allarme”.

La Protezione Civile aveva definito “sciame sismico” le scosse che non lasciavano tranquilli gli abitanti della cittadina. C’erano dei “se”, ma il messaggio era quello. Gli scienziati della Commissione Grandi Rischi furono assolti. Ma non spettava a loro prendere una decisione. Spettava alle istituzioni e alla Protezione Civile. Ed è un dato di fatto che nessuno suggerì agli abitanti e agli studenti di andarsene da lì perché c’era un pericolo potenziale. Di fronte a tutto questo, come si può accettare la sentenza e tacere? La coscienza si ribella, il senso etico lo impedisce. Dopo questa decisione dei giudici, ci permettiamo di rivolgere un appello ai nostri governanti. Fate la cosa giusta: se non altro, fate in modo che le famiglie non siano costrette a pagare le spese del processo. Prendete una decisione coraggiosa. Stabilite voi un risarcimento. Non lasciate che la nostra fiducia nella magistratura e nelle istituzioni si sgretoli di fronte a questa cosa che a noi sembra veramente orribile. Siete ancora in tempo.
L'articolo L’Aquila, la sentenza che ci fa orrore. Non lasciamo sole le famiglie dei 7 ragazzi uccisi dal terremoto proviene da The Social Post.